Ti è mai successo di provare piacere e felicità per la vista di un bel tramonto, per un bacio dalla persona che ami o per il gusto di un cibo molto appetitoso? E di sentirti spinto/a a ripeterlo di nuovo? E ti sei chiesto/a perché a volte non riusciamo a dire basta?
Per capire meglio il perché dobbiamo addentrarci un pochino nei meccanismi di funzionamento del cervello.
Tutti noi possediamo un “sistema di ricompensa”, un gruppo di strutture neurali responsabili della motivazione, dell’apprendimento associativo, delle emozioni positive come la gioia, l’euforia e l’estasi.


IL circuito della ricompensa
Il circuito della ricompensa mette in relazione due principali sistemi, quello della dopamina e quello della serotonina.
Il sistema dopaminergico si occupa principalmente di strutturare i vari stimoli di sviluppare comportamenti volti a ripetere un’esperienza ritenuta piacevole.
Il sistema della serotonina coinvolge invece varie aree direttamente legate al piacere ed alla sua percezione.
La ricompensa è quindi la proprietà attraente e motivante di uno stimolo capace di indurre in noi un comportamento appetitivo.
Questo è infatti ciò che ci accade quando, raggiunto qualcosa di piacevole, abbiamo l’impulso di ricercare nuovamente quello stimolo e mettiamo in atto comportamenti volti a raggiungere il piacere finale. Ogni volta che si hanno queste esperienze gratificanti, esse vengono registrate e memorizzate nella corteccia frontale (area deputata a monitorare e decidere i nostri comportamenti).
Dipendenze diverse, uno stesso problema...
Conoscere il circuito della ricompensa ci è utile per comprendere il comportamento delle persone e i differenti tipi di dipendenze.
L’uso di alcune droghe attiva un’induzione di serotonina, che diffonde piacere e benessere, che porterà poi il soggetto a riprendere la sostanza per poter rivivere la medesima sensazione. Altre sostanze hanno invece la capacità di coinvolgere solo la parte dopaminergica del cervello, spingendo quindi gli individui a ripetere certe esperienze senza averne prima necessariamente ricavato una sensazione di piacere.
Alcune droghe o dipendenze come il gioco d’azzardo fanno sì che il soggetto, dopo un certo periodo di tempo, perda la sensazione di piacere legata all’esperienza, ma sia comunque incapace di astenersi dal ripetere certi comportamenti, anche qualora lo desiderasse.
Questi comportamenti si riscontrano non solo in persone dipendenti da alcool, droghe o gioco d’azzardo, ma anche in soggetti affetti da bulimia o binge eating, nei quali ciò che manca è un freno rispetto all’abbuffarsi e all’alimentarsi in maniera incontrollata.
Possiamo quindi affermare che con “dipendenza” si intende un’alterazione del comportamento che da semplice o comune abitudine diventa una ricerca esagerata e patologica del piacere attraverso mezzi, sostanze o comportamenti che sfociano in una condizione patologica. L’individuo dipendente, come si è discusso precedentemente, tende a perdere la capacità di controllo sull’abitudine.
Il DSM-5 e l’ICD-10, i testi di riferimento per la diagnosi psichiatrica, indicano il segno principale della dipendenza nell’uso compulsivo di una sostanza a dispetto della consapevolezza delle conseguenze negative, cioè la perdita del controllo volontario sul comportamento.

I segnali da tenere sott'occhio
Come si può fare allora per capire se si è affetti da una dipendenza?
Secondo l’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si parla di dipendenza se le seguenti condizioni si sono manifestate tre o più volte negli ultimi 12 mesi:
- Desiderio intenso o impulso irrefrenabile di consumare la sostanza (craving)
- ridotta capacità di controllo per quanto riguarda l’inizio, la fine e la quantità del consumo
- sintomi di astinenza fisica in seguito a cessazione o riduzione del consumo
- tolleranza, ossia il bisogno di assumere dosi man mano maggiori di sostanza per ottenere gli stessi effetti provocati in precedenza da quantità minori
- progressivo abbandono di altri interessi per dedicarsi al consumo della sostanza
- maggiore impiego di tempo per procurarsela, consumarla o riprendersi dai suoi effetti
- consumo persistente nonostante conseguenze negative evidenti, quali danni al fegato, depressione o perdita di memoria.
Come intervenire?
L’approccio terapeutico più efficace contro le dipendenze è quello multidisciplinare, con interventi mirati in ambito sia medico che psicologico.
In ambito medico lo scopo è il raggiungimento dell’astinenza, grazie anche all’impiego di farmaci di tipo ansiolitico o terapie farmacologiche.
In ambito psicologico invece si affronta il problema mediante la terapia individuale o di gruppo, con l’obiettivo di spingere il soggetto a superare l’ossessivo bisogno della sostanza o comportamento da cui è dipendente.
Il passo più importante da compiere rimane sempre e comunque quello di prendere consapevolezza di essere in difficoltà e avere il coraggio e la forza di chiedere aiuto.